Cura Italia: dove è finito il sistema-moda?
Rappresentanti, stilisti e produttori lasciati soli dal decreto ministeriale
Se, da una parte, il Governo ha già rettificato, precisando che ci saranno ulteriori aggiustamenti, intanto il comparto chiede interventi e garanzie.Come ha sottolineato alla stampa Francesco Tombolini - Presidente Camera Buyer: “Negozi, boutique, showroom, rappresentanti, produttori, stilisti, grafici, modellisti, distributori...Facciamoci sentire!". E ancora Riccardo Grassi, titolare dell’omonimo showroom che afferma: «Da imprenditore mi piace sottolineare che la nostra attività commerciale va avanti: abbiamo portato a termine la campagna vendita con tutti i mezzi tecnici a disposizione, tenendo in considerazione anche i più piccoli ordini, perché mai come in questo momento mantenere il contatto con i nostri clienti è prioritario. Ora l’impegno va avanti lavorando in Smart working sul servizio al cliente, perché il settore non può e non deve saltare una stagione. In questo tentativo di dare continuità al lavoro ci incoraggiano i primi segnali che arrivano dall’Asia, che nel tentativo di tornare alla normalità mette in mostra la voglia di continuare a fare business. Quello che invece ci ha scoraggiato è non veder citato nel Decreto il nostro settore, che porta avanti un valore non solo quantitativo ma anche di immagine per il Paese, tra quelli da difendere da parte del nostro primo ministro. Voglio pensare che si sia trattato di una dimenticanza. Aspettiamo di vedere le prossime misure a tutela del sistema e per questo non posso che condividere il messaggio lanciato da Carlo Capasa. Le priorità sono tante, ma io partirei dalla liquidità e dagli ammortizzatori sociali, per mantenere i posti di lavoro delle persone. La moda è una manifattura, fermare gli operai significa fermare il sistema produttivo e a cascata tutti gli altri. Una priorità è anche la tutela delle Pmi, che per quanto riguarda la moda significa giovani stilisti indipendenti, che non potranno permettersi di iniziare la stagione già in saldo e con i multimarca che faticano a rispettare gli impegni. Per loro il rischio è la cancellazione, così resteremmo con un mercato della moda fatto solo di big brand».